Il potere del nome

Il potere del nome

Rubrica di Giulia Valerio

Cara Dott.ssa Valerio,
mi è capitato di sentire una voce chiamare il mio nome nel momento di addormentarmi, talmente chiara e reale da farmi guardare attorno. Inoltre, mi è successo di sentir pronunciare una breve frase o una parola al mattino, nel momento del risveglio, lasciandomi con la sensazione di ricevere una sorta di insegnamento. Al di là di magiche suggestioni, da quale parte dell’inconscio possono venire queste sollecitazioni? Sono sempre da prendere sul serio, come indicazioni personali, oppure a volte entriamo in contatto con quello che si definisce “inconscio collettivo” in maniera casuale?

Cara e gentile Lettrice,
grazie per la sua attenzione ai sogni e per le domande che mi rivolge. È vero, a volte sentiamo pronunciare il nostro nome in modo chiaro: è interessante notare in che momento del giorno o della notte accade, e quale reazione produce in noi. Si tratta di una ‘chiamata’, un avviso, uno stimolo a prestare particolare attenzione e ad essere vigile, con la coscienza desta. Se avviene al momento dell’ingresso nel sonno, può essere un invito ad ascoltare il sogno che sta per arrivare, a costruire un ponte tra la coscienza diurna e i messaggi che giungono nella notte. A un livello più profondo, quando una voce pronuncia il nostro nome ci riallaccia al destino che in esso è contenuto. Proviamo a ripensare al momento della resurrezione, quando Cristo incontra Maria Maddalena che non lo riconosce pur cercandolo appassionatamente. Non comprende, non può comprendere il mistero e chiede disperata dove sia stato messo il suo Signore. Cristo risponde con una sola parola: la chiama per nome, risvegliandola alla sua vocazione.
È sempre interessante ricordare il senso e il perché i nostri parenti abbiano voluto donarci, imporci proprio il nostro nome e non altro. In altre civiltà viene scelto dagli antenati, attraverso divinazioni e riconoscimenti, perché traina, costella il futuro della nuova creatura. Anche per noi racchiude una speranza, un augurio che possa modellare la fortuna a venire. Il richiamo a noi stessi, quando sentiamo pronunciare il nostro nome, è una sorta di saldatura alla nostra radice, capace di ricentrare la personalità e aprire un ascolto raffinato e profondo. Ho scoperto nel tempo che mio padre (che portava il mio nome) aveva scelto di chiamarmi così in onore di una sua anziana parente, la mia madrina di Cresima, perché aveva compiuto un gesto commovente. Sorpresa una notte d’estate da un ladro entrato dalla finestra aperta, lo aveva accolto preoccupata per la pericolosità del suo lavoro, lo aveva ospitato in cucina offrendogli cibo e ristoro, per poi invitarlo ad uscire dalla porta in modo più confortevole, dopo avergli dato una buona offerta. Ti auguro di essere così, mi dice quel nome e l’eredità di mio padre: non un compito facile è contenuto nelle segrete speranze dei nostri genitori!
Altre volte riceviamo sogni ‘oracolari’, in cui una voce pronuncia una sentenza, una parola, un motto che sembrano scolpiti nella pietra, o vividi come caratteri al neon. Hanno un grande potere persuasivo, riempiono di stupore e ci con-vincono. Sono considerati come illuminazioni e, come lei ben sottolinea, sono sganciati dalla coscienza e aprono uno squarcio sul ‘grande inconscio’ o inconscio collettivo, quel bacino di immagini da cui nasciamo tutti e da cui siamo permeati e creati. Nell’antichità venivano ritenuti diagnostici e prognostici: contenevano il significato della malattia, la sua cura e a volte la guarigione stessa. Presso il santuario di Asclepio a Epidauro, per Ippocrate e Galeno, si riteneva che potessero addirittura coincidere con cambiamenti somatici, provocarli, incidere sui flussi interni e le articolazioni del corpo. Sono di grande importanza, anche se non è facile né immediato comprenderne la direzione e il significato. Rivelano il nucleo del loro messaggio nel tempo, lungo le vie della vita. Lontani dalla sfera del giorno, stupiscono per la loro apparente estemporaneità; potremmo pensarli come indicazioni che provengono dalla antichissima saggia presenza che abita il nostro cuore.

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