Il fenomeno del déjà vu

Il fenomeno del déjà vu

Rubrica di Giulia Valerio

Gent.ma dott.ssa Valerio,
leggevo recentemente un articolo sul fenomeno del déjà vu. Si descriveva tale esperienza come un “falso ricordo”, un difetto della memoria a breve termine, insomma qualcosa cui attribuire nessun significato. Però, tali argomenti non mi lasciano soddisfatta. Credo che il déjà vu possa essere un fenomeno collegato al nostro inconscio. Anche quando non corrisponda a una memoria della vita attuale, potrebbe essere collegato ad un’altra nostra esistenza precedente, oppure a ciò che Jung definisce “inconscio collettivo”?

Gentilissima lettrice,
grazie per questa domanda che apre molti orizzonti. Le scienze rubricano il fenomeno del déjà vu come un errore, una disfunzione, fino a diagnosticarlo come breve epilessia.
Esperienza molto diffusa (pare tocchi il 60% delle persone), viene vissuta in modo differente a seconda di ciascuno, ma tutti colpisce per l’improvviso stra-ordinario sentimento di familiarità che coglie di sorpresa, in un ambiente o percorso del tutto nuovi e sconosciuti. Può manifestarsi come il riconoscimento di un luogo, oppure di una situazione o una percezione emotiva; a volte è una nozione che emerge inaspettata, senza averla mai potuta conoscere prima: questo l’ho già vissuto, già lo sapevo, conosco questa strada, pensiamo smarriti e non comprendiamo come sia possibile. Qualche volta può trattarsi di criptomnesia, perché spesso non ricordiamo una cosa che però abbiamo incrociato senza ben rendercene conto e giace trascurata in un angolino della nostra memoria, abbandonata e stanca, pronta a un improvviso risveglio. Dimentichiamo infinitamente più cose di quante ricordiamo, scrive Jung in Spirito e vita.
Altre volte invece si tratta di una pausa della nostra coscienza, che lascia emergere un ricordo che viene da altrove: come lei ben intuisce, probabilmente da quello che chiamiamo inconscio collettivo. Riteniamo per lo più, nella nostra vita diurna, di non essere determinati da alcuna pre-condizione, per sentirci pienamente liberi di agire “come vogliamo”: in realtà siamo discendenti da una lunghissima serie di antenati, e la nostra corteccia cerebrale conserva perfino memorie del comportamento animale. Ho assistito e vissuto, durante esperienze di transe, ad attivazioni sensoriali che appartengono al fiuto dei serpenti, alle mosse del volo degli uccelli, a movimenti impossibili per l’essere umano. Il DNA è frutto di sedimentazioni stratificate e antiche, che ci costituiscono profondamente: alcuni ricercatori hanno scoperto che il genoma di abitanti dei villaggi interni della Sardegna conserva il 50% delle caratteristiche ritrovate nei resti ossei neolitici di circa 10.000 anni fa!
Non mi addentro nel tema assai complesso delle vite precedenti, perché mi suona come una spiegazione un po’ sistematica, che cerca una causa a questa “disfunzione” della coscienza: se ricordo qualcosa devo averla già conosciuta, e in genere proietto un ideale non ancora realizzato nella possibilità di una vita anteriore, o futura. Ma resta un campo misterioso, di cui nulla sappiamo, che invita fantasie e immaginazioni. E non possiamo commettere mai l’errore di svalutare ciò che non sappiamo.
Il déja vu ci riconnette allo sfondo, alla materia psichica di cui siamo impastati, di cui conosciamo ancora pochissimo…

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