
Il valore dell’incertezza – A tu per tu con se stessi
di Giovanna Cosulich
Un tuffo nel profondo dell’interiorità, guidati da un’emozione: l’incertezza. Scandagliare le proprie ombre rivela l’arte del sommozzatore esoterico, il quale rinviene molti tesori per la conoscenza di sé. Lasciar andare la presa sul controllo, rinunciare, sperimentare i limiti, presagire una fine, chi siamo di fronte a tutto questo?
Non so darle altro nome che incertezza… La sensazione nella quale galleggiamo in questi giorni.
Il dolore e la paura si sono depositati sul fondo del nostro cuore, mentre l’incertezza è lì, sempre presente, ospite non proprio gradita, ma sicuramente occasione di una particolarissima esperienza.
Proviamo insieme ad ascoltare che cosa può svelarci questa incertezza. Lo faremo con una tecnica che si chiama enquiry: si tratta della stessa domanda ripetuta più e più volte interrogando se stessi; questa ripetizione ci permette di entrare, via via sempre più, nella profondità nel nostro cuore.
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
La nostra mente è andata in tilt. Sembra essere disarmata dei suoi abituali strumenti di programmazione, decisione e controllo. Il domani non si lascia più plasmare, è affidato ad altro e sono altri a decidere il che cosa, il dove e il quando del nostro prossimo futuro. Siamo costretti a cambiare frequenza. La mente per ascoltare, riflettere, leggere, scrivere, studiare. E per il resto non resta che respirare, accantonare la spirale di pensieri e domande che non trovano soluzione e stare in questa incertezza.
Possiamo meditare, pregare, provare a fare silenzio e ricercare quello stato di calma che piano piano si fa strada. Possiamo proporci nella nostra giornata di prestare più attenzione a quelle piccole occupazioni o piccoli gesti, che solitamente compivamo meccanicamente, pensando alle prossime incombenze o appuntamenti. Questo ricordo di sé nel tempo presente può aiutarci a ritrovare senso dove l’incertezza ha tolto le fondamenta pratiche della nostra precedente vita quotidiana. Respiriamo e osserviamo l’infinito succedersi di attimi sempre nuovi e imprevedibili, in cui l’incertezza si svela esserne la radice e qualcosa di molto familiare. In fondo, chi può prevedere il nostro attimo successivo…? Solo presumiamo, ma di sicuro non ne siamo certi. Alla fine, scopriamo che di incertezza è connaturata la nostra esistenza, solo che forse ne siamo poco consapevoli.
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
L’esperienza della rinuncia. La limitazione che si accompagna a questo periodo di quarantena e di prescrizioni ci costringe a confrontarci con le rinunce. Rinunciamo a uscire, rinunciamo al contatto fisico con le persone, rinunciamo a viaggiare, rinunciamo e ancora rinunciamo… Limitazione significa andare sempre di più all’essenziale. Al cibo essenziale, a prenderci cura di noi nei bisogni essenziali, a fare una scelta sulle nostre occupazioni giornaliere in base a priorità essenziali.
Meno dispersione e più consapevolezza di ciò che per noi è davvero importante. Proviamo a stare in questa rinuncia, esercitandoci a lasciar andare ciò che prima, forse, ritenevamo indispensabile.
La rinuncia che sperimentiamo è tuttavia relativa, se paragonata alle limitazioni dovute a problemi di vecchiaia o di salute, e – se vissuta nella consapevolezza – può diventare la porta di accesso a una libertà interiore più autentica. Siamo liberi di fare a meno di… ci basta quello che abbiamo… sappiamo apprezzare ciò di cui possiamo disporre… Siamo liberi di reinventarci con i nostri talenti, interessi e attitudini. Lascio spazio alla mia bambina, affinché possa liberamente insegnarmi l’arte della semplicità, nel ricordo di come realmente giocava molti anni fa con le cose più semplici, e il resto lo faceva la fantasia.
Riconosco il valore di quella parte bambina ingenua e tuttavia con grandi risorse, le più utili ed essenziali per sopravvivere e crescere. Lascio spazio alla mia bambina che, nonostante e in virtù della sua tenera età, sa abbandonarsi e avere fiducia anche senza sapere nulla.
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
È come se ci prendesse una vertigine, uno spaesamento: ci sentiamo fuori dai nostri ritmi abituali, dalle consuetudini che regolavano lo scandire delle nostre giornate. Comprendiamo quanto le regole e i ritmi siano rassicuranti, ma anche quanto ci condizionino e irrigidiscano la nostra andatura e visione della vita.
Cambiamento… come ci sentiamo? Resistiamo, o riusciamo a essere flessibili e ad adattarci come un fluido al flusso degli accadimenti? Come sono il nostro respiro, la nostra postura, la nostra mente?
Mettiamo una musica, la più armoniosa che conosciamo, e cominciamo dal corpo a immaginare un’ipotesi di flessibilità. Una danza sorge spontanea… chiudiamo gli occhi e danziamo come fosse la prima volta.
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
L’incertezza mette in evidenza la nostra solitudine e solleva il bisogno di maggiore condivisione e confronto. Ricerchiamo istintivamente contatti, seppur virtuali, con le persone care, nell’inconscia speranza di scoprire quanto simili siano, pur nella diversità dei contesti, le nostre sensazioni. Ci ritroviamo media-dipendenti, alla costante ricerca di informazioni rassicuranti. E se avessimo un problema? Ce la faremmo, qui da soli…? Una qualsiasi difficoltà nell’incertezza si amplifica e assume toni più ansiogeni e preoccupanti.
La solitudine è un paradosso: è reale e tuttavia apparente. Siamo soli, eppure tutti collegati.
L’incertezza sbiadisce i rapporti a un livello fisico e materiale, ma non può scalfire la connessione che viaggia a livelli più profondi. Se a un livello superficiale abbiamo l’attenuante della tecnologia, in realtà la comunicazione profonda è costante perché è presente nei nostri cuori. Basta aprire quella stanza silenziosa e metterci in ascolto. Lì, non siamo soli. Lì “io sono” e mi accompagno costantemente nel dialogo interno e nella relazione con la presenza divina. Il senso di solitudine e la paura, piano piano, lasciano il posto a un senso profondo di unione e di appartenenza nel quale incontriamo lo sguardo di Dio e la mano dei fratelli.
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
Tutto ciò che prima era scontato e, in qualche modo, assodato non lo è più. Il lavoro c’era, ma ora… non più. Le ferie, il nostro momento di ricarica, tanto atteso dopo mesi di fatiche e impegno, svaniscono in questo forzato periodo di clausura. La salute, per la quale ci adoperiamo giornalmente, sembra appesa a un filo, fortemente attaccata e a rischio. La morte, che prima vedevamo come un traguardo presumibilmente lontano, è dietro l’angolo; potrebbe passare oltre ma anche bussare alla nostra porta. Non sappiamo se rivedremo le persone a noi care: i nostri genitori, i nostri fratelli, i nostri figli… Quante storie, alla televisione, di rapporti affettivi improvvisamente tranciati senza la possibilità di un ultimo abbraccio…
Qui, l’incertezza si tiene a braccetto con il senso di impermanenza.
«Siamo messi di fronte alla verità fondamentale che ogni pensiero, ogni atto, ogni vita ha un inizio e una fine e rimuovere questa verità ci comporta un enorme dolore. Lo sforzo di impedire il cambiamento o di raggiungere una condizione gratificante permanente, su cui rimanere attestati, è fonte di infinita sofferenza. Il disperato tentativo di non ammettere l’impermanenza delle cose ci fa perdere la visione di insieme. È come sistemare la sdraio sul ponte del Titanic, completamente ignari di quello che sta per succedere. Ecco perché tutte le tradizioni spirituali ci invitano a considerare la morte come consigliera, perché il suo ricordo può infondere forza, grazia e pienezza ad ogni istante della nostra vita. Toccare con mano la precarietà della nostra esistenza ci fa capire quanto sia preziosa e ciò diventa una grande occasione per dare valore ad ogni attimo della nostra vita così come ad ogni sua piccolissima manifestazione».
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
L’attesa, la paziente attesa dei giorni che dovranno passare prima di… non sappiamo cosa.
Di solito, l’attesa ha un fine ed è proiettata precisamente verso un obiettivo; ora l’attesa sembra non avere nulla di definito e i riferimenti temporali slittano come miraggi di settimana in settimana…
L’attesa senza scopo può essere solo trasformata in riposo ed esercizio di fede. Pazienza e fiducia sono legate in questo intento, e l’esercizio della lenta maturazione è prezioso per il nostro cammino spirituale.
Se allarghiamo la visuale, ci accorgiamo che quest’attesa non è poi così vuota e cominciamo a sentire un profumo di vita, di una nuova coscienza che si sta forse facendo strada, di tanti movimenti di pensiero, di spiritualità e solidarietà che testimoniano gli sforzi e la volontà di sopravvivenza e di crescita dell’umanità.
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
Odore di morte, la paura della fine. La fine che raccoglie tutte le paure, il pettine cui giungono i nodi, la resa dei conti, un giro di boa dopo il quale non è ancora chiara la rotta. Un’incertezza che coinvolge tutto il pianeta. Quale sarà la mia, la nostra fine?
Se non cediamo alla paura dell’incertezza, possiamo credere che ci siano, magari poche, ma alcune certezze su cui appoggiare la nostra vita. E la prima è che la fine non è la fine, ma racchiude sempre il mistero di un nuovo inizio; la seconda è che l’inizio attinge la sua forza dalla fonte originaria e inesauribile di amore che portiamo nel nostro cuore. Qui, in questo luogo del cuore che ci riporta all’Origine, possiamo tornare tutte le volte che la nostra mente si concentra sulla fine. Non è della fine che dobbiamo preoccuparci, ma dell’inizio.
«…nel luogo ove è il principio, là sarà pure la fine. Beato colui che sarà presente nel principio, perché conoscerà la fine ma non gusterà la morte» (Vangelo di Tommaso: l,10).
Possiamo specchiarci in queste certezze ogni mattina e ricordarci del loro valore.
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
Necessariamente sentiamo venir meno una visione individuale della nostra vita, e ci sentiamo inglobati in un destino comune che ci vede tutti coinvolti in una vicenda dove, a diversi livelli, ne soffriamo le conseguenze. Ci sentiamo portati a sentirci parte di un disegno universale di cui non conosciamo che una piccolissima parte. In alcuni momenti è piacevole questo abbandono; possiamo quasi sentirci come bambini timorosi tenuti per mano, accompagnati da un genitore invisibile.
Di sicuro tutto ciò ha un senso e, benché ancora immaturo e nascosto, possiamo sentire schiudersi dentro di noi un seme di fiducia.
«Se conoscessimo la complessità del disegno e la sua completezza, non ci sentiremmo così tristi… Se riuscissimo a percepire gli infiniti mondi e gli infiniti universi e se riuscissimo a renderci conto che possiamo fidarci di questa intelligenza che è nascosta dietro tutte le cose, allora davvero potremmo iniziare a rilassarci… Se potessimo vedere la straordinaria grandezza del tutto, allora potremmo dire con serenità “sono pronto, qualsiasi cosa accada”, se potessimo vedere la vita oltre la vita, se il nostro cuore fosse sano e smettesse di aver bisogno di lottare, allora si aprirebbe al sapore del buono e dell’infinito…».
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
Il desiderio di un gesto d’amore, di poter offrire la nostra disponibilità al servizio, di dare voce ed espressione a quella parte di noi che, nell’incertezza, vuole affermare qualcosa di vero. Riuscire a trasformare la paura e l’ansia di questa incertezza in un atto d’amore sincero verso gli altri, questo può compiere dentro di noi un vero miracolo. È qui la chiave con la quale può realizzarsi un processo di trasformazione alchemica, una prodigiosa guarigione che – attraverso la semplicità dell’amore – accoglie le emozioni buie e le riconsegna purificate e in grado di trasmettere luce a chi ne ha bisogno. Si tratta di qualcosa di estremamente facile e, al contempo, difficile: semplicemente donare se stessi. Non è spiegabile altrimenti la dedizione che ha sostenuto in questo periodo tutte le persone, professionisti e non, che si sono trovate a prestare servizio nei luoghi di cura dei malati o che hanno in qualunque modo contribuito a livello sociale ad aiutare le persone bisognose.
Nel nostro piccolo, questo possiamo renderlo concreto accogliendo, prima di tutto, la nostra fragilità ed espandendo questo abbraccio nelle nostre relazioni. Come anche nella meditazione e nella preghiera possiamo trovare un canale di realizzazione di questo prezioso intento.
«Cosa sperimenti in questa incertezza?».
Voglio alzare lo sguardo e ringraziare perché sono viva.
Voglio abbracciare la mia incertezza e accoglierla, con tutto quello che mi ha portato, nel cuore.
Voglio ricordarmi di me e prendermi cura della mia bambina spaventata e disorientata.
Voglio sentire, nel profondo del mio cuore, lo sguardo amorevole di Dio che mi dona la sua pace,e voglio riuscire a essere canale di questa luce, anche solo per un istante, ogni giorno…
…incertezza
sono nebbia
luci ombre avviluppate
come ghiaccio scioglie dolce
l’amore…
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