Comune matrice

La grande, comune matrice

Rubrica di Giulia Valerio

Gent.ma Dott.ssa Valerio,
mi accade spesso, in questi ultimi due anni, di avvertire per brevi momenti una sensazione di comunanza fra le cose. È come se le persone che mi parlano, la natura, i luoghi che percorro, avessero una grande matrice comune. Ho anche l’impressione che vedere cose e persone separate fra di loro sia soltanto una nostra illusione. Cerco di non respingere questa bizzarra sensazione, ma di trattenerla in me come una novità che può essere foriera di nuove comprensioni. Cosa pensa di questo fenomeno che mi capita, come si può spiegare?

Gentile amica o amico, grazie per questa domanda e per il tema che propone, nonché per la sua attenzione alle connessioni profonde. Il grande saggio africano Hampâté Bâ scriveva che Tutto è collegato. Tutto è vivente. Tutto è interdipendente; nella sua autobiografia afferma che per gli anziani e gli uomini di conoscenza l’essere umano è legato (religato, religiosamente legato, potremmo aggiungere) in maniera sottile a tutto quanto lo circonda. La coscienza occidentale si è sviluppata da sempre invece sulla separatezza, la definizione e la logica del progresso, che procede per scelte, scartando ciò che è inutile e non produttivo, quindi distinguendo, isolando.
La nostra psiche procede in modo inverso, come le civiltà antiche e quelle ancora vive che sono più vicine alla natura e alle tradizioni: nell’universo dei sogni, delle fantasie e dell’inconscio, nel mondo delle immagini e delle visioni tutto è intimamente connesso, come le corde vibranti di uno strumento musicale, che risuonano e riverberano l’una nell’altra. Lei ben scrive che questa altra realtà viene da noi percepita a momenti, attraverso squarci improvvisi, e vissuta come una rivelazione, come se attraverso un varco inaspettato potessimo vedere la rete che traccia sotto di noi sentieri invisibili, intrecci complessi, mappe di segreti tesori. La nostra educazione viene costruita in modo differente; diventiamo capaci di conoscere solo gradualmente, nel tempo, quest’altra prospettiva, che cresce più stabilmente nella nostra maturazione, quando entriamo nell’età dell’esperienza abbandonando il tempo della forza. Naturalmente questo accade a chi sa porsi in ascolto di quanto non viene detto e di quanto non risulta evidente, ponendo attenzione a tutti gli impliciti, gli accenni, i segni che provengono dalla natura e dall’altrove.
Altre civiltà invitano a considerare l’universo come una tela di ragno fin da quando si è piccolini: la pedagogia africana, ad esempio, si fonda sulla convinzione che non si può toccare nessun elemento, anche se minimo, senza far vibrare l’insieme, perché tutto è legato assieme e solidale, tutto concorre a formare un’unità. Da questo modo di considerare la creazione, o forse meglio, come lei suggerisce, di vivere la vita intera, nasce un’attenzione straordinaria alle parole che pronunciamo, ai gesti che si compiono, a come leggere il mutare del tempo atmosferico, il cammino delle nuvole, a come interpretare il canto degli uccelli o le espressioni del nostro animale domestico, a quanto restituire agli alberi quando ne cogliamo un frutto, alle esigenze dei geni dei luoghi, alla tintura luminosa delle giornate che attraversiamo.
Una nostra scienza studiava le connessioni tra gli elementi, ed era (ed è) l’alchimia, che sapeva leggere le simpatie tra i metalli racchiusi nel grembo della Terra e i pianeti del Cielo, tra le materie prime e le presenze che le ispirano. Il grande medico taumaturgo Paracelso considerava tutto come ‘ente’ vivo, studiandone le ‘segnature’, cioè le corrispondenze, che sono alla base di ogni guarigione: anche le malattie fanno parte degli arcani costitutivi del creato, e vanno curate con gli spiriti loro affini presenti negli astri, nei veleni, nei metalli, nelle foglie…
Penso che lei possa coltivare e ringraziare questa sua particolare sensibilità, accogliendo le nuove prospettive che dona, perché ha saputo intravvederle ed amarle. Si tratta di autentici tesori, che tolgono di colpo il peso delle istanze egoiche, delle responsabilità personali e delle colpe, in cui si può cogliere il disegno nel quale siamo iscritti, il segno del destino che tutto accomuna: sono attimi di chiaro-veggenza, ed hanno profumo di eternità.

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