
La sedia vuota
di Paola De Vera D'Aragona
Un’intuizione che viene seguita, un’immagine che viene accolta, un ascolto che diviene profondo… Una sedia che ospita forse una nostra Alterità che chiede e aspetta di essere vissuta e sperimentata…
Bice oggi è sola in casa. C’è silenzio, intuisce che è un momento magico che non si ripeterà facilmente nella sua vita quotidiana indaffarata, di madre e donna che lavora. Si siede su una sedia e ne mette un’altra davanti a sé, vuota.
«E adesso? Cosa sto facendo?», chiude gli occhi e attende. Dopo un tempo indefinito, comincia a scorrerle davanti la sua vita. Immediatamente vede, dietro le palpebre abbassate, eventi che ha vissuto, momenti belli e altri di cui si vergogna davanti a se stessa. «Quanti errori!», esclama, forse a voce alta, forse dentro di sé. Piano piano si calma e il suo severo giudice sembra ritirarsi per un po’. Ricorda gli insegnamenti impartiti da un’educazione che considera oggi troppo rigida. «Non sei qui per giudicare i tuoi genitori», le sussurra una vocina dentro.
La vita continua a scorrerle davanti in un ordine quasi cronologico: gli incontri, gli amori, gli abbandoni. Tutto scivola davanti a lei. Il marito, i figli, il lavoro. La magica chiamata dall’Oriente, da un maestro zen di cui qualcuno le aveva parlato e che la attrasse in una terra lontana. Là, in lei nacque interiormente qualcosa di nuovo, arrivò in una dimensione sconosciuta ma che già aveva fatto capolino, di tanto in tanto, dentro di lei. Momento di vuoto interiore nella sua casa silenziosa. Tutto sembra fermarsi: non scorre altro davanti ai suoi occhi chiusi.
Inizia a sentire il battito del suo cuore e a ricordare qualche brandello di sogno, di cieli infiniti, di personaggi misteriosi di altre epoche, che le annunciano messaggi diversi ma sempre sul versante dell’interiorità. Pensa: «Forse era venuto a trovarmi in sogno qualche saggio, un eremita o un mistico che è riuscito ad amare soltanto la Luce e ora risplende nel firmamento illuminato per l’eternità». Subito dopo la mente di Bice tenta di intervenire con la sua tipica invadenza razionale che le suggerisce che forse tutto è un’immensa sciocchezza: ma ormai una dimensione sconosciuta si fa sentire chiaramente.
Si alza e cambia sedia: Bice si sente improvvisamente diversa, in questo pomeriggio solitario. Le spetta un altro posto. Ecco perché aveva messo lì, senza sapere perché, quella sedia vuota. Per un’altra Bice. Inizia a “vedere” immagini sconfinate di tenebre e luce, il caos e l’ordine del cosmo. Come un lampo ripensa la vicenda della sua esistenza umana come stretta nel “sepolcro” dei sensi, nelle difficoltà della vita, nella notte malinconica che l’ha spesso imprigionata.
Bice si sente come fuori dal tempo: poi un calore quasi insopportabile inizia a bruciarle il petto. Cosa sta succedendo? Non c’è modo di chiederselo, viene presa come da un furore interiore incoercibile. Non fa in tempo a porsi domande: sente un desiderio di conoscenza, di conoscere qualcosa che possa strapparla alla sua routine quotidiana per indirizzarla al cielo o a quel che c’è oltre. Questa sensazione non le è totalmente sconosciuta: ricorda l’esperienza del maestro zen. Forse era questo ciò a cui lui accennava anni addietro. Ma lei non aveva afferrato. O, meglio, aveva sentito qualcosa che poi si era però spento nella quotidianità.
Forza interiore, filosofia spirituale, forse Dio. Sono tante le parole che le frullano dentro. Bice apre gli occhi: è sudata, non si sente bene. Tempo di calmarsi e riprendersi. La solita vocina interiore le dice: «La prima parte della tua vita è trascorsa nelle nebbie oscure dell’ignoranza. Ora un desiderio sconosciuto si sta facendo strada in te: è impossibile che tu gli resista perché, al di là della ragione, potrebbe portarti altro… prova ad ascoltarti…». La sua dimensione razionale tenta di intervenire: un ricordo nettissimo di Platone le ritorna dai suoi studi classici: «Quando uno vede la bellezza di quaggiù, ricordandosi della vera Bellezza, mette le ali».
Bice si lascia andare e percepisce dentro di sé, per la prima volta, qualcosa di nuovo: le frullano parole come Amore, Anima, Bellezza, Dio. Qualunque cosa questo voglia dire, tutta questa confusione caotica ma dolcissima compare sulla sua scena interiore. Sente come annullarsi la distanza che lei stessa ha sempre frapposto tra cielo e terra. Questa distanza l’ha messa lei o la sua mente? Domanda senza risposta.
Poi la mente viene nuovamente offuscata: sente fiorire un’immagine che le appare improvvisamente. Un piccolo giardino verdissimo, cinto da muri alti al cui centro c’è una fontanella scolpita in marmo bianco dalle fattezze squisite. Due puttini, o sono due angeli? Reggono la bacinella da cui fuoriesce l’acqua che inumidisce la terra intorno, riempiendo l’aria di un profumo dolcissimo. Bice sente di doversi fermare. «Quando mai ho avuto immagini del genere?», si chiede. Davvero forse mai. Ma sente di dover tornare alla realtà che le è nota. Guarda intorno a sé la sala di casa sua che ben conosce, osserva le sue cose come per rassicurarsi che tutto vada bene. Quel percorso continua per mesi. Bice non è più la stessa e, appena può, rifà il “gioco” della sedia vuota. Quando il suo stato interiore cambia e si approfondisce, cambia sedia… Forse è un gioco infantile, pensa lei a tratti, ma funziona per incoraggiarla a sfruttare il più spesso possibile questi momenti di solitudine e di dialogo interiore. Col tempo, Bice si avvicinerà a una guida e a una scuola spirituale e il suo cammino si farà sempre più intenso e profondo.
Cosa sta succedendo alla nostra Bice?
Quanto descritto sopra è l’inizio di un lungo percorso che ci fu raccontato da chi lo aveva vissuto e che ha dato, in seguito, l’assenso perché venisse pubblicato. A noi è sembrato un gioiello prezioso da far riaffiorare da un vecchio diario. La protagonista semplicemente aggiunse in quell’occasione: «Potrebbe servire a qualcuno. Lo scriva così come glielo ho raccontato, in terza persona, a me ancora aiuta oggi pensarlo in questo modo, rivedo tutto l’inizio del mio percorso interiore al tempo “indicativo presente” e me lo rivivo come fosse la prima volta. E questo mi serve tanto quando rischio di perdermi…».
Quale insegnamento possiamo trarne? Indicazioni che potrebbero servire a taluni per ritrovare uno stato analogo? O forse no. Ogni inizio di Via differisce da un individuo all’altro. Vedere però il processo interiore dagli inizi, diciamo così, è stato un regalo che Bice ha espressamente detto di voler offrire al suo prossimo. Per questo oggi ne scriviamo. Dopo la prima immagine, quella del giardino, ci raccontò come, da allora, le capitasse che altre immagini fiorissero, prima timidamente, poi sempre più spesso…
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