
Un sogno molto particolare
Rubrica di Lluis Serra Llansana
Gent.mo Prof. Serra,
ho fatto un sogno che ritengo molto particolare. Mi viene mostrato Gesù come una statua ricoperta da molti veli. Poi un vento leggero che proviene dall’alto fa scivolare i veli dalla statua, rivelando un Gesù che diventa vivente, e ascolto queste parole: «Il vero volto di Gesù è stato distorto». Al risveglio ho sentito che ciò si riferiva a quanto ci è stato trasmesso dai dogmi delle varie Chiese, come se Gesù e i simboli a lui collegati fossero stati mistificati. Mi piacerebbe conoscere la sua opinione in merito.
Il mondo onirico, spesso, ci apre a dei significati profondi senza la necessità di ricorrere ai laboriosi circuiti del raziocinio. Una volta svegli, l’interpretazione che ne diamo, in parte veritiera, tende a ridurre la portata del messaggio. Antropologia e spiritualità si mescolano in uno dei compiti più complessi per la società: la trasmissione della conoscenza, dei valori e delle immagini. È molto difficile che una generazione possa consegnare alla seguente tutto il suo bagaglio con totale trasparenza e nitidezza. Altrettanto accade nella storia. Molte zone d’ombra, veli e visioni parziali coprono la realtà, in quanto l’inconscio del collettivo agisce tanto nel passaggio delle informazioni, quanto nella loro ricezione. Quanto più sublime è la realtà che si trasmette, maggiori sono i rischi che si corrono. La distorsione è un effetto molto comune.
La trasmissione non dovrebbe evitare però, sulla veracità di quanto ricevuto, una domanda che diventa imprescindibile. La statua è coperta da molti veli. È così. I greci usavano una parola per riferirsi alla verità: ἀλήθεια (alétheia). La verità si raggiunge quando si tolgono i veli che occultano l’essere, allora ciò che era occulto, nascosto, sorge in piena nitidezza. Il vento dall’alto si occupa di realizzare il compito: svelare la statua. Questa rivelazione si produce perché c’è stata una scoperta. La rigidità del marmo prende vita, perché Gesù non è un reperto archeologico, ma una realtà viva. Le parole del sogno che ricordano che il vero volto di Gesù è stato distorto, rappresentano una chiamata per scoprire la verità e la vita. L’arte, quando è tale nella sua essenza, ci apre uno spiraglio nell’eternità.
La trasmissione e lo svelamento sfociano in una terza tappa: l’esperienza personale. Se Gesù fosse solo una verità metafisica, continuerebbe a essere una statua. Deve giungere a essere vero e vivo per me. Sentirmi vittima di una trasmissione distorta e accusare gli altri, chiese incluse, di avere distorto la verità, pur essendo in gran parte vero, non mi esime dalla responsabilità personale. L’individualizzazione è indispensabile. La credenza è una cosa e la mia visione di tale credenza è un’altra. Possono stare in relazione, ma sono due realtà distinte. La sua interpretazione del sogno elude questo terzo elemento. Nella sua narrazione esiste la trasmissione ed esiste lo svelamento. Bisogna fare l’ultimo passo: la sua esperienza personale.
Ricordo un’immagine di un classico della cinematografia. La protagonista, dopo un’intensa sofferenza, è alla guida di un’automobile mentre i suoi occhi si riempiono di lacrime nel ricordare la sua ferita affettiva. Istintivamente mette in moto i tergicristalli, confondendo le proprie lacrime con quelle che sembravano gocce di pioggia in realtà inesistenti. Si tratta di un errore comune. Pensare cioè che il problema sia fuori di noi. Zaccheo cerca Gesù all’esterno, sale su un albero perché, essendo piccolo di statura, non riesce a vederlo. Gesù gli dice: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Lo chiama per nome, lo sposta dal suo luogo di osservazione e ha un incontro personale con lui nell’intimità della sua casa. Non solo si è svelato Gesù, ma anche la realtà della sua esistenza. Da questa doppia esperienza sorge la conversione di Zaccheo, il cambiamento della sua vita. E niente sarà come prima.
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